Pignoramento dello stipendio: limiti di legge, tutele e strategie per proteggere il reddito.
- oraziol59
- 28 ott
- Tempo di lettura: 2 min

Il pignoramento dello stipendio rappresenta uno degli strumenti più utilizzati dai creditori per recuperare somme dovute. Tuttavia, la legge italiana stabilisce limiti precisi per evitare che l'esecuzione forzata comprometta la sussistenza economica del lavoratore e della sua famiglia. Comprendere le soglie di pignorabilità e le regole applicabili è quindi fondamentale per difendere in modo legittimo il proprio reddito.
1. Pignoramento e tutela del minimo vitale
L'articolo 545 del Codice di procedura civile è il principale punto di riferimento in materia. La norma prevede che le somme già accreditate sul conto corrente, derivanti da stipendi o altre indennità di lavoro, non possano essere pignorate al di sotto di una soglia considerata essenziale per la sopravvivenza del debitore.
In particolare, l'importo impignorabile è pari al triplo dell'assegno sociale, che per il 2025 è fissato a 548,69 euro. Ciò significa che fino a 1.616,97 euro non possono essere toccati dal creditore, neppure dall'Agenzia delle Entrate. Questa protezione si applica automaticamente: la banca, in qualità di terzo pignorato, è tenuta a garantire tale franchigia senza che il debitore debba presentare alcuna richiesta o opposizione.
Questo meccanismo tutela una parte minima e vitale delle disponibilità finanziarie, assicurando al debitore i mezzi per far fronte alle spese essenziali della vita quotidiana.
2. Pignoramento delle retribuzioni future
Diverso è il caso degli stipendi accreditati dopo la notifica dell'atto di pignoramento. In tali situazioni, non si applica più la soglia fissa del triplo dell'assegno sociale, ma i limiti di pignorabilità ordinari stabiliti dalla legge.
Per i debiti di natura ordinaria, la trattenuta massima consentita è pari a un quinto (1/5) dello stipendio netto, ossia dopo le ritenute fiscali e previdenziali. La banca provvede a bloccare automaticamente la quota pignorabile di ogni mensilità successiva alla notifica dell'atto.
Per i debiti fiscali, invece, l'art. 72-ter del D.P.R. 602/1973 prevede soglie diverse a seconda dell'importo della retribuzione: un decimo se lo stipendio non supera i 2.500 euro, un settimo se compreso tra 2.501 e 5.000 euro, e un quinto per stipendi superiori a tale soglia.












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